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Channel: Francesco Dolfo – Reportage di viaggio di Travel Quotidiano
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Provenza, sulla scia del vento e dei colori

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Il profumo del mare, sparso violentemente nell’aria dal vento di maestrale che pennella il cielo di blu.

Il ritmo sincopato, scandito da una vivace metropoli che ama riposarsi nei tortuosi vicoli lontano dalle strade principali. Quello stile composito, diviso tra l’impronta francese e il gusto mediterraneo.

Marsiglia

Marsiglia, come tutte le principali città portuali del mondo, rifugge da sempre le definizioni troppe nette, poiché la sua vera ricchezza è nella vorticosa e imprevedibile diversità che viene dal mare. Il breve viaggio alla scoperta della Provenza organizzato da Mistral Air, in occasione del nuovo collegamento aereo Firenze-Marsiglia, comincia proprio dal variopinto capoluogo della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.

«Sono convinto che Marsiglia sia la più bella città della Francia. È talmente diversa da tutte le altre».

Il pensiero di Arthur Schopenhauer, contenuto nel “Diario di Viaggio”, risale a metà ’800, ma potrebbe essere stato scritto oggi stesso. Marsiglia è un polo multiculturale, un amalgama tra le città costiere nordafricane e quelle europee, dove le complessità si fonde in un’unica atmosfera.

Il cuore pulsante non può che essere il porto vecchio, punto di partenza e di arrivo di una storia millenaria fondata sul mare.

Dal porto sono possibili diverse escursioni in barca lungo la costa o, ad esempio,  alla volta dell’isola che ospita il Castello d’If, diventato celebre grazie al romanzo “Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas.

Il Mucem

Un altro itinerario di grande interesse si snoda sempre dal porto, ma stavolta i mezzi di trasporto sono le proprie gambe o i mezzi pubblici (a proposito, consigliatissimo l’itinerario dell’autobus numero 83, che percorre la Corniche, ovvero il lungomare marsigliese). A Nord, arrampicato su una collina, si sviluppa il quartiere di Le Panier,  il più antico e caratteristico di Marsiglia. Strette vie, piazze e chiese barocche, case dipinte e boutique sono le specialità di questo pittoresco microcosmo. Difficile resistere alla tentazione di acquistare le profumate saponette esposte nelle vetrine dei negozi, del resto quale miglior luogo se non Marsiglia per fare incetta del vero sapone di Marsiglia? (attenzione, per essere puro deve contenere almeno il 72% di olio d’oliva).

Ciò che non può assolutamente passare inosservato è il Mucem, lo spettacolare Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, progettato dall’architetto italo-francese Rudy Ricciotti.
Inaugurato nel 2013 – anno in cui Marsiglia è stata capitale europea della cultura -, questo imponente edificio (oltre 40 mila metri quadrati di superficie) è un contenitore polifunzionale di iniziative culturali, rappresentazioni teatrali, spettacoli musicali, esposizioni, proiezioni cinematografiche. Il successo non si è fatto mai attendere e, dopo soli 4 anni di vita, il Mucem è diventato uno dei principali simboli della città.

Il tour di Marsiglia offre celebri percorsi tra antichità e modernità – la Cattedrale, Notre Dame de la Garde, il nuovo stadio Velodrome per citare alcuni luoghi -, ma anche mete di grande interesse, poco frequentate dal turismo tradizionale. Come la “Città Radiosa”, la grande opera di edilizia di Le Corbusier, costruita negli anni ’50  per accogliere 1600 persone, in primis i reduci della Seconda Guerra Mondiale e le loro famiglie. Nei piani del suo brillante creatore, la “Città Radiosa”, più che un semplice palazzo, doveva diventare una sorta di villaggio verticale quasi  autosufficiente, al cui interno sarebbero sorti negozi, ristoranti, ampi spazi comuni e biblioteche (ogni piccolo dettaglio risulta studiato con grande lungimiranza, basti notare la pista di jogging ricavata sul tetto).

La Città Radiosa

 

Nella pratica fu esattamente così, anche se a cominciare dagli anni ’90 le piccole attività commerciali si spostarono progressivamente nelle vie del centro cittadino. Ora, all’interno struttura, sopravvivono solo un piccolo negozietto di alimentari e un ristorante, insieme a diversi uffici e a una scuola materna pubblica.

la cucina di un appartamento all’interno della Città Radiosa

La prima cosa che salta all’occhio, dinanzi alla “Città Radiosa”, è la sua particolare disposizione, trasversale rispetto alla strada che corre di fronte. Le Corbusier aveva infatti progettato la suo opera affinché fosse posta esattamente sull’asse est-ovest per dare la giusta quantità di luce a entrambe le facciate. I 316 appartamenti (l’unità base è di 98 metri quadrati) si sviluppano quindi in lunghezza e ricevono una doppia esposizione sia dalla parte anteriore, sia da quella posteriore. I principi costruttivi sono ispirati alla dimensioni del corpo umano. I soffitti, ad esempio, sono alti 2,26 metri, vale a dire un uomo di altezza media con il braccio alzato. Ne consegue che gli spazi degli appartamenti siano centellinati al massimo e che ogni tipo di confortevole eccedenza non sia contemplata.

Nel tempo, la fama legata a  questo palazzo, nato come progetto di edilizia popolare, è divenuta sempre più pervasiva, tanto da corteggiare anche i marsigliesi più abbienti. Il mercato immobiliare, una volta recepito il messaggio, ha fatto il suo prezzo. 4 mila euro al metro quadro, la cifra di partenza nel 2017.

Salutiamo la città più antica di Francia per raggiungere Aix-en-Provence, la patria di Paul Cézanne. In appena venticinque minuti di macchina, eccoci tra le eleganti strade di una delle mete più rinomate di tutta la Francia meridionale. Non ci sono le tinte azzurre del mare (ci troviamo nell’entroterra costiero), ma l’elemento naturale è comunque centrale. Tutt’intorno cresce una rigogliosa vegetazione e vicino, come a protezione dell’abitato, svetta il monte Sainte Victoire, il paesaggio preferito di Cézanne.

la fontaine d’Eau Chaude

La vita si svolge nelle piccole piazze, nei bar e lungo il corso Mirabeau, l’arteria principale del centro storico. Proprio a metà di questa promenade, sorge il simbolo della città. E di quale emblema poteva dotarsi la soprannominata “città delle mille fontane”? Di una fontana, certo, ma ricoperta interamente ricoperta di muschio, non di preziosismi barocchi: la fontaine d’Eau Chaude (piccola curiosità: sulla sua superficie è stata rinvenuta anche un tipo di felce tropicale, probabilmente portata dagli uccelli migratori).

Aix è un importante polo universitario e l’età media della popolazione viene notevolmente abbassata dai tantissimi giovani che intraprendono qui i propri studi. L’istantanea è davvero frizzante e spensierata. Un’esperienza tipica è visitare i mercati della frutta e della verdura, dell’artigiano e dell’antiquariato, dei fiori, degli articoli tessili, dei libri antichi e d’occasione.

Il mercato dei Fiori

vicolo Esquicho-Coude

Perdersi tra gli stretti vicoli, come Esquicho-Coude (in provenzale, “gomiti stretti”) , è il miglior modo per scovare piccoli e inattesi tesori.

 

 

O per ritrovarsi davanti a una lunga e composta coda di gente che cerca i biglietti per il Festival di Arte Lirica (3-22 luglio 2917).

 

La sobrietà e l’eleganza, da queste parti, vengono prese molto seriamente e così, su disposizione del Comune, tutte le persiane del centro storico sono di color grigio celeste, al fine di creare uno stile cromatico identificativo (a proposito di Comune, la sede  del municipio, in Place de La Mairie, è uno dei palazzi più belli di tutta Aix-en-Provence ).

Il mistero e le leggende non mancano. Si dice che nella Cattedrale di San Salvatore sia morta Maria Maddalena.

L’atelier Cézanne

Aix si lega però indissolubilmente con il nome di uno dei suoi cittadini più illustri. Quel Paul Cezanne, il pittore post-impressionista che anticipò il cubismo e che dipinse i colori della Provenza in maniera ineguagliabile. Non può mancare quindi una visita al suo atelier, immerso tra gli alberi, sulla vecchia collina di Les Lauves. In questo suggestivo studio illuminato da un’ampia vetrata, Cézanne lavorò gli ultimi quattro anni della sua vita, dal 1902 al 1906, realizzando undici quadri. Oltre al materiale di lavoro, sono esposti anche i suoi oggetti personali. Fuori, intanto, il vento di mistral scuote la vegetazione, il cielo si tinge d’azzurro sfavillante e ogni cosa diventa più intensa e brillante. Se è vero che nulla avviene per caso, l’uso espressivo del colore, che guidò tutta la ricerca pittorica di Cézanne, non poteva avere un luogo d’ispirazione migliore della Provenza stessa.

L’arena di Arles

La tappa a Les Lauves è l’ultima ad Eix-En-Provence, ma prima di concludere questo minitour di tre giorni ci attende un’ultima città. Ancora un breve spostamento in macchina (circa mezzora) e siamo già tra i vicoli di Arles, cittadina  bagnata dal fiume Rodano e porta d’ingresso alle lagune della Camargue (non a caso Arles deriva da Arelate, che significa “Tra le acque”). Questo antichissimo centro abitato di origine celtica-ligure, venne colonizzato dai greci di Marsiglia nel VI secolo a.C., ma solo sotto l’influenza romana conobbe il suo massimo rilievo politico. Con Giulio Cesare, la città divenne un importantissimo porto fluviale, nodo commerciale strategico di tutta la regione. Nel cuore del centro storico spicca così l’arena (I secolo a.C.), il più grande anfiteatro della Gallia e uno dei monumenti romani meglio conservati in Provenza.

Il teatro antico

La sua immediata vicinanza – poche decine di metri – con il teatro antico (75 a.C), rappresenta una rarità, poiché l’arena veniva edificata solitamente in periferia. Ai confini di Arles vi era tuttavia troppa acqua e non si trovò altra collocazione per poggiare le fondamenta che necessitavano di almeno sei metri di profondità.

Arena di Arles

L’Arena in origine fu progettata per ospitare oltre 21 mila persone, oggi invece i posti disponibili sono12 mila. Dove un tempo si tenevano combattimenti tra gladiatori, ora si organizzano spettacoli all’aperto e corride. Anzi, Course camarguaise, per l’esattezza. La differenza? I tori non vengono uccisi, al contrario sono le vere star dell’evento. Vedere per credere i manifesti che ne celebrano i nomi.

i manifesti della Corse camarguaise

Lo scopo dei partecipanti, detti raseteurs, è sottrarre piccole coccarde e laccetti, legate sulle testa e sulle corna dell’animale, senza ovviamente venire colpiti. L’antica anima sanguinaria dell’arena viene rievocata comunque a Pasqua e a settembre, date in cui, secondo una consuetudine introdotta negli anni ’50, la Course camarguaise lascia il posto alle vere e proprie corride spagnole. Alcuni dicono che ha importare la tauromachia fu addirittura Pablo Picasso, assiduo frequentatore di Arles.  Dal pittore andaluso, il collegamento con un altro grandissimo artista è doveroso.

Le cafè Van Gogh

Vincent van Gogh, realizzò qui 200 dipinti e cento altre opere tra acquerelli e disegni. Gli esempi illustri non mancano. Il quadro “Terrazza del caffè la sera”, prende vita nel “Le cafè van Gogh” di Place du Forum, il locale che il maestro olandese raffigurò nella sua celebre tela del 1888.
Il ponte di Langlois (soggetto principale di una serie di quadri dipinti, tra il 1888 e il 1889) affascina ancora con la sua atmosfera bucolica, come se il tempo si fosse fermato.

 

Il ponte di Langlois

A onor del vero, il ponte originale fu sostituito nel 1930 da uno in cemento armato – al fine di garantire il passaggio dei mezzi pesanti -, così nel 1959, l’ ufficio del turismo di Arles decise di collocare un piccolo ponte levatoio in legno, identico a quello dipinto da Van Gogh, in una zona vicina. Il punto non quindi è lo stesso, ma il colpo d’occhio è ugualmente evocativo.

Diventa poi meta obbligatoria la Fondazione Van Gogh, al cui interno sono esposte alcune opere straordinarie del genio di Zundert e, fino a settembre, una rassegna dedicata all’artista Alice Neel.

La storia di Arles, non è solo legata all’Impero romano e alle biografie di grandi pittori, durante il Medioevo fu un centro religioso di primo piano, essendo una delle tappe principali di pellegrinaggio per il cammino di Santiago de Compostela e la Via Francigena. La Chiesa e il Chiostro di St-Trophime (XII secolo d.C.), rappresentano uno dei più alti esempi dell’arte romanica provenzale, con pregevoli sfumature di stile gotico.

I criptoportici

L’impronta romana è molto forte anche laddove non si scorge in superficie. Per visitare i criptoportici è necessario scendere sottoterra e camminare nella penombra. Ancora non è ben chiaro perché i romani costruirono queste imponenti strutture architettoniche, – forse per sostenere la pavimentazione della piazza soprastante o per svolgere il ruolo di cellai e granai -, ma nelle calde estati di Arles una passeggiata tra questi umidi portici è un toccasana.

L’imbarcazione romana rivenuta nel Rodano nel 2010

Ci sono storie che restano nascoste e altre che emergono in superficie. Nel Museo dipartimentale di Arles antica è esposta un’incredibile imbarcazione commerciale del I secolo d.C. in perfetto stato di conservazione. La chiatta, rivenuta nel Rodano nel 2010, è lunga 31 metri e poteva trasportare fino a trenta tonnellate. Non era dotata di vela, ma di un semplice timone. Per risalire il fiume veniva trainata da diversi uomini che con la forza delle loro braccia vincevano l’implacabile corrente del Rodano, dove la storia di Arles si specchia continuamente.

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